Ogni tanto leggo delle notizie che mi rendono davvero felice e quella che mi è capitata tra le mani pochi giorni fa è una di quelle. L’Università Luigi Vanvitelli di Caserta ha recentemente pubblicato uno studio in cui ha dimostrato che la pizza e i diabetici non sono più due universi paralleli! Lo studio è stato condotto su un campione di bambini e i risultati sono stati davvero ottimi: ovviamente, com’è giusto che sia, ci sono dei piccoli accorgimenti da rispettare per evitare complicazioni con la salute, però il fatto che la pizza, per i diabetici, non sia più da considerare come un alimento off-limits, è già un ottimo risultato.
Prima di capire qual è stato il risultato ottenuto dall’Università di Caserta, è bene capire quali siano i motivi che fino ad oggi hanno portato ad escludere quasi completamente la pizza dalla dieta dei diabetici.
Pizza e diabete: ecco l’ingrediente della discordia
Il motivo per il quale fino ad oggi la pizza e i diabetici non potevano andare d’accordo ha un nome: si chiama amido. Ho già parlato di questo composto in altri articoli e qui non mi fermerò a fare un’analisi chimica approfondita perché non è la sede adatta, però è bene capire qual è sempre stato l’ostacolo che ha impedito ai diabetici di mangiare la pizza. L’amido è una molecola del macro-gruppo dei carboidrati ed è composto da un numero elevato di unità di glucosio polimerizzate: è proprio questo il principale responsabile dell’esclusione della pizza dalla dieta dei diabetici.
Una pizza normale, con condimenti classici, può contenere fino a 100 grammi di amido: si tratta di un valore molto elevato per una persona diabetica, capace di far innalzare la glicemia (ossia la concentrazione di glucosio nel sangue) in tempi molto rapidi. Per non rinunciare alla pizza, i diabetici hanno escogitato alcuni piccoli trucchi che consentono loro di fare (ogni tanto) uno sgarro alla regola, come ordinare pizze di dimensioni ridotte, con condimenti di verdure. Sono proprio le verdure uno dei segreti dei diabetici per mangiare la pizza, perché sono alimenti molto ricchi di fibre. Introducendo una porzione di verdure prima di addentare una buona pizza fumante, queste sono in grado di rallentare l’assorbimento dei carboidrati grazie alla massiccia presenza di fibre, e quindi di ridurre in maniera considerevole il picco glicemico del dopo pasto.
Pizza e diabete: il test sui bambini
Tuttavia, adesso potrebbe cambiare qualcosa capace di modificare definitivamente le abitudini alimentari dei diabetici. La pizza è stata al centro di una ricerca condotta dagli studiosi dell’Università Luigi Vanvitelli di Caserta e quel che è emerso da uno studio empirico sperimentale condotto su un campione di bambini è molto interessante. Una ricerca sulla pizza non poteva che essere condotta da un’università campana, tanto più dopo che la sua arte preparatoria è stata inserita dall’UNESCO tra i suoi patrimoni immateriali. Da dove nasce l’idea di effettuare questo studio? Ai ricercatori dell’ateneo casertano non piaceva l’idea che un alimento così pregiato come la pizza, che ha peraltro ottenuto il riconoscimento dall’UNESCO, venisse considerato dalla letteratura medica straniera come un junk food, ossia un cibo spazzatura. Io non posso che essere pienamente d’accordo con i dubbi di questi scienziati. Non so come vengano realizzate le pizze al di là del confine, posso solo immaginarlo, quel che so, però, è che nel nostro Paese la sua realizzazione prevede l’impiego esclusivo di materie prime genuine. Come può essere dannoso un alimento realizzato esclusivamente con acqua e farina? C’è stato addirittura un altro studio, stavolta straniero, che ha eletto la pizza come alimento ideale per la colazione: più di così…
Se la pizza è uno junk food per persone sane, la pizza per i diabetici è quasi veleno, secondo l’interpretazione di alcuni medici esperti di alimentazione. È proprio questo il punto che i ricercatori dell’Università di Caserta hanno voluto sfatare, dimostrando che se viene preparata in una determinata maniera, la pizza per i diabetici non è così dannosa.
Lo studio è stato condotto portando 30 bambini affetti da diabete di tipo 1 in una delle più rinomate pizzerie della Campania: a condurre il test c’era il professor Dario Iafusco con la sua equipe, supportato dai medici specialisti del Centro Regionale di Diabetologia Pediatrica “G. Stoppoloni”. L’obiettivo di questo esperimento è stato quello di dimostrare che non è vero che l’assunzione della pizza in un soggetto diabetico provoca un picco glicemico a fine pasto che viene difficilmente controllato dall’insulina.
Risultato centrato dal professor Dario Iafusco? Ovviamente sì!
È stato dimostrato, infatti, che se la pizza viene realizzata seguendo un procedimento specifico, il livello di glucosio nel sangue a fine pasto (sebbene elevato) può essere abbassato con una normale iniezione di insulina, al pari del consumo di un qualsiasi altro alimento.
Pizza e diabete: qual è la verità?
Per chi soffre di diabete, la pizza non dev’essere uno spauracchio. Ho sempre sostenuto questo concetto perché anche io, nel mio piccolo, svolgendo l’attività di ricerca nel mondo della pizza ho acquisito importanti nozioni di biochimica che mi hanno portato a trarre determinate conclusioni. Lo studio del professor Dario Iafusco ha messo al centro della ricerca l’amido: questa molecola, così importante per noi pizzaioli, è al centro del processo di lievitazione dell’impasto. Lo studio ha dimostrato che una pizza fatta lievitare a lungo, proprio come vuole la tradizione napoletana, non ha particolari controindicazioni per chi è affetto da diabete, se non quelle che si possono riscontrare nel consumo di un qualsiasi alimento che contenga glutine.
Perché la lunga lievitazione può cambiare le sorti dei diabetici con la pizza?
È presto detto. Quando un impasto viene sottoposto ad una lunga lievitazione, avviene una degradazione del glutine per merito di alcuni microbatteri che intervengono durante la fase di decomposizione, chiamata amilolisi. Durante questo processo, la lunghissima catena di molecole di glucosio viene distrutta e trasformata in zuccheri più semplici: questo avviene grazie a due enzimi importanti, le alfa amilasi e le beta amilasi. Senza entrare nello specifico, perché non è questa sede, le prime attaccano la molecola dell’amido e la frantumano in pezzi più piccoli (destrine) solubili in acqua, mentre le seconde attaccano le destrine per estrapolarne il maltosio, che contiene due sole molecole di glucosio. Inoltre, per rendere la pizza più appropriata alla dieta dei diabetici, si deve usare il lievito naturale, perché ha un indice glicemico estremamente basso anche a causa del processo di acidificazione.
Se proprio vogliamo realizzare una pizza per diabetici ad hoc con un indice glicemico ancora più basso, l’impasto andrebbe realizzato con farina integrale o, ancora meglio, con farina di canapa, il cui contenuto di amido è decisamente ridotto rispetto alle farine di frumento.
Avete notato che la ricetta perfetta per la pizza dei diabetici proposta dalla ricerca del professor Dario Iafusco è esattamente quella che io preparo normalmente nel mio laboratorio?
La lunga lievitazione e l’utilizzo del lievito naturale sono i capisaldi del mio lavoro da ormai tantissimi anni!