Ogni luogo ha le sue tradizioni, ogni città ha i suoi rituali che conserva gelosamente e che sono spesso difficili da comprendere per chi non è nato e cresciuto con determinate abitudini. A volte ci si adatta ma non sempre è facile capirle. Tuttavia, quando si tratta di pizza, è sempre abbastanza semplice imparare qualcosa di nuovo e, soprattutto, entrare in quel mood.
A Napoli, dove è nato il mito della pizza, non poteva certo mancare una tradizione natalizia a tema. Infatti, nella città partenopea il pranzo della vigilia di Natale è solitamente a base di… Pizza fritta! Una bontà assoluta, un piatto semplice ma al tempo stesso saporito che inebria tutti i sensi. Ogni anno penso a quanto mi piacerebbe, almeno per una volta, essere a Napoli in giorno della vigilia di Natale per immergermi completamente in questa tradizione unica, la cui origine non è poi così lontana nel tempo.
La tradizione del pranzo della vigilia con la pizza fritta a Napoli nasce alla fine della Seconda Guerra Mondiale: la città verteva in condizioni di povertà assoluta, il conflitto aveva depauperato tutte le risorse e ridotto gran parte delle famiglie partenopea in uno stato di indigenza estrema. La città era letteralmente sul lastrico e anche la comune, classica, pizza al forno era diventata un piatto pregiato, appannaggio delle poche famiglie benestanti rimaste in città. Pensate: un semplice impasto di farina, acqua e lievito condito con pomodoro e mozzarella, era irraggiungibile per gran parte degli abitanti di Napoli e della Campania. I motivi sono da ricercare nella mancanza di approvvigionamento di materie prime, nell’embargo economico e nella totale autonomia economica dell’Italia dettata dal regime fascista. Tutti i beni di prima necessità erano razionati, scarseggiavano, e quelli acquistabili alla borsa nera avevano un costo eccessivo. Per cuocere la pizza, inoltre, è indispensabile il forno a legna e non tutti ne potevano avere uno a disposizione, nel caso in cui avessero avuto le materie prime.
Le difficoltà del momento, quindi, erano palesi ma il popolo napoletano è noto per non darsi facilmente per vinto: l’ingegno e la furbizia sono parte del loro DNA e il detto “fare di necessità virtù” descrive al meglio l’indole dei napoletani. Non c’erano le materie prime? Si cercò un metodo alternativo per realizzare un piatto che somigliasse alla pizza, che fosse nutriente ma che fosse anche in grado di deliziare il palato. Le disponibilità erano molto ridotte ma con i pochi ingredienti che si potevano reperire in quel periodo a qualcuno venne un’idea geniale. La farina era razionata, quindi era necessario utilizzarne il meno possibile per l’impasto, ciò richiedeva la realizzazione di pezzature più piccole. Pomodoro e mozzarella erano troppo cari? La ricotta ha sempre avuto un prezzo più basso e unita con ciccioli di maiale e pepe poteva diventare un condimento più che accettabile per una sorta di pizza diversa dal solito. La cottura, invece? Se non si poteva cuocere al forno, almeno si poteva friggere: l’olio, anche se non di ottima qualità, era facile da reperire e il suo costo era abbastanza abbordabile, anche perché per friggere queste piccole porzioni di impasto non era necessario utilizzarne tantissimo e poi, in quei tempi, era anche abitudine comune riciclare l’olio usato per diverse cotture.
La ricetta della pizza fritta si diffuse velocemente in tutta la città grazie alla sua assoluta bontà, semplicità di realizzazione ma, soprattutto, economicità. Anche i forni iniziarono a realizzare le pizze fritte e, come solo a Napoli sanno fare, iniziarono anche le iniziative di solidarietà. Questo è un popolo da sempre molto coeso, capace di grandissima umanità e, come al solito, di grande ingegno. In un momento di grandissima difficoltà economica come l’immediato dopoguerra, nei forni iniziò a diffondersi la formula di pagamento a otto giorni: mangi oggi e paghi dopo otto giorni. La pizza a credito fa parte del tessuto tradizionale di Napoli e anche in pellicole d’eccellenza della nostra storia cinematografica come “L’oro di Napoli” con Sophia Loren si fa riferimento a questa pratica, che scalda il cuore solo a raccontarla. Nel film apre una finestra su una consuetudine che si radicò a Napoli per parecchi anni e che ancora oggi, anche se in maniera meno frequente, è possibile riscontrare. Nei rioni più antichi della città, come i Quartieri Spagnoli, le donne che vivevano nei bassi si industriavano a preparare e vendere le pizze fritte: come si racconta nel film, era un modo per portare a casa qualche lira (le care, amate, vecchie lire) in più per “campare” la famiglia.
Ma quindi, come è diventata il piatto tipico della tradizione napoletana per la Vigilia di Natale? La pizza fritta è un piatto molto calorico, capace di saziare velocemente anche gli appetiti più importanti, ideale per fare da contraltare alla cena della vigilia di Natale. A Napoli, infatti, è tradizione che il 24 Dicembre si ceni con portate principalmente di pesce e di verdure. Ovviamente, lungi da me considerare il capitone o l’insalata di rinforzo come portate dietetiche, ma se si considera il ben di Dio che per tradizione si prepara per il pranzo di Natale, allora la cena può essere considerata quasi leggera e il pranzo dev’essere, di contro, piuttosto sostanzioso.
La pizza fritta si prepara velocemente ma può essere anche acquistata in tantissimi forni della città, quindi è facile da reperire anche in un giorno frenetico come quello della vigilia, in cui siamo tutti di corsa alla ricerca degli ultimi regali o impegnati nella spesa per il cenone e il grande pranzo di Natale. Di pizzerie in cui fermarsi per acquistare le pizze fritte a Napoli fin dalle prime ore del mattino ce ne sono davvero tantissime. Tra le mete immancabili per i napoletani doc c’è Concettina ai 3 Santi, nel rione Sanità, che propone due versioni differenti della pizza fritta, entrambe meritevoli di degustazione: la prima, tradizionale, preparata con ricotta di fuscella Caseificio Barlotti, provola affumicata di Agerola e ciccioli di maiale e la seconda, rivisitata, in cui oltre agli ingredienti classici viene aggiunta la scorza di limoni di Sorrento per un tocco di classe e raffinatezza. La peculiarità della pizza fritta di Concettina ai 3 Santi è che non lascia l’unto: non è fantastico?
Per una full immersion nella tradizione, invece, bisogna entrare nel cosiddetto “ventre di Napoli”, il rione Forcella. Qui si trova la Friggitoria D’e Figliole, che ha alle spalle 150 anni di fritture. È gestita quasi esclusivamente da donne e non c’è spazio per i virtuosismi: la pizza fritta viene realizzata esclusivamente secondo la ricetta originale, con solo qualche variante sugli ingredienti per realizzare un menù con possibilità di scelta. Oltre alla Completa, la pizza fritta doc, è da provare la Chicchinese, con scarole, acciughe, olive nere, pepe, ciccioli, salame, pomodoro, provola.
Tuttavia, sebbene la pizza fritta sia diventata il must del pranzo della vigilia di Natale, da tempo immemore c’è chi preferisce mangiare la pizza con la jeta, o scarola. È un semplice sfornato realizzato con la pasta pizza (o brisè, per chi cerca qualcosa di ancor più leggero) farcito esclusivamente con verdure, che diventa una sorta di spuntino da spiluccare all’ora di pranzo mentre si è intenti a preparare le portate per la cena. È una delle classiche “ricette di mammà” che spesso viene affiancato dalla pizza fritta per avere un pranzo ancora più invitante e sostanzioso.
E se dal pranzo avanza qualcosa, che si fa? Anche se è un’eventualità remota, a meno che non si sia scelto di acquistare appositamente porzioni abbondanti, quel che non si mangia a pranzo viene riciclato per il cenone di Natale, perché a Napoli non si butta via niente!
Non so a voi, ma a me a scrivere questo articolo è venuta una gran fame di pizza fritta e quasi quasi il giorno della Vigilia di Natale farò una gita a Napoli per acquistarne un po’ da portare a Roma: a certe tradizioni è difficile resistere, anche se non sono parte della tua storia familiare!
Auguro a tutti voi, ai vostri familiari e a chi volete bene, di trascorrere un Natale di serenità e di bontà!
