Con l’inserimento della pizza tra i beni immateriali dell’umanità da parte dell’UNESCO si è aperto un nuovo e, doveroso, quesito: dal 9 dicembre tutte le pizze prodotte nel mondo saranno meritevoli di tale riconoscimento? È importante fare chiarezza su questo punto, perché si rischia di generare non poca confusione tra gli utenti. Ci tengo a specificare, infatti, che l’UNESCO non ha conferito il riconoscimento in quanto tale alla pizza ma, più nello specifico, all’arte del pizzaiuolo napoletano. C’è una netta e sostanziale differenza in questa precisazione, perché si ribadisce il concetto che non tutte le pizze hanno i requisiti qualitativi per essere considerate alla stregua di un patrimonio dell’umanità.
La pizza che, secondo l’UNESCO, merita di essere considerata un patrimonio è quella realizzata secondo il tradizionale metodo artigianale, che racchiude una tradizione, una cultura e una storia millenaria al suo interno. Quella della pizza, nella città partenopea e nei suoi dintorni, è davvero un’arte intesa come esaltazione di un’attività artigianale unica e di eccellente qualità.
La questione si è fatta ancora più aspra nelle ultime ore, quando sulla pagina social di un noto brand che commercializza pizze surgelate è comparso un claim pubblicitario che sfrutta il riconoscimento appena ottenuto per la promozione di un prodotto che, nei fatti, con la pizza artigianale napoletana non ha nulla da spartire. Il post pubblicato sui social ha avuto un’elevatissima eco mediatica che ha scatenato l’ira di numerosi esponenti dell’arte pizzaiola napoletana ma sono stati tantissimi anche i semplici utenti che, dopo aver letto il post, si sono detti indignati per la trovata pubblicitaria del brand. Inutile dire che il messaggio è stato rimosso piuttosto velocemente non appena si è alzato il coro delle polemiche, con tanto di scuse ufficiali da parte dell’azienda, ma sembra che siano tanti coloro che hanno comunque deciso di intraprendere una battaglia legale contro il brand, reo di aver strumentalizzato la recente conquista dell’arte della pizza napoletana, attribuendosene i meriti.
Il fatto che l’evento sia nato a così breve distanza dall’inserimento della pizza tra i patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO, però, ha permesso di affrontare nell’immediato la questione che, prima o poi, si sarebbe comunque posta.
La pizza è uno dei simboli dell’Italia nel mondo, è l’emblema della nostra enogastronomia ed è uno dei pochi piatti universali capace di mettere d’accordo tutti: non esistono questioni che non possono essere risolte davanti ad una bella pizza fumante. Bisogna, però, capire, quali siano le caratteristiche che deve avere la pizza per essere considerata tale, e non come un prodotto derivato o, peggio, un surrogato di scarsa qualità che non ha nessuna pretesa di merito davanti al riconoscimento dell’UNESCO.
In questo caso il problema era abbastanza semplice: la pizza surgelata non può assolutamente essere paragonata a quella napoletana, perché nel primo caso si tratta di un prodotto dell’industria alimentare meccanizzata che non tiene in considerazione delle eccellenze territoriali delle materie prime che, invece, sono uno dei tratti distintivi della pizza napoletana originale. La pizza napoletana deve avere delle caratteristiche specifiche in tal senso.
Voglio farvi un rapido riassunto di quelle che sono le caratteristiche della vera pizza napoletana, quelle che hanno permesso a questo piatto di raggiungere il meritato riconoscimento UNESCO. In primo luogo, le uniche pizze napoletane riconosciute come tali sono solo quelle denominate come pizza Marinara e pizza Margherita; nel primo caso, il disciplinare prevede che per il condimento vengano utilizzati esclusivamente pomodoro, olio, origano e aglio mentre, per la pizza Margherita, si devono utilizzare pomodoro, mozzarella o fior di latte, olio, formaggio grattugiato e basilico. Ovviamente, devono essere tutti ingredienti freschi e di provenienza certa, possibilmente del territorio originario.
Al termine della cottura, che deve avvenire rigorosamente in un forno a legna, la vera pizza napoletana ha un diametro che non supera mai i 35 cm, ha il cornicione alto e presenta il condimento al centro. Lo spessore al centro dell’impasto cotto non deve superare i 4mm ma è ammessa una tolleranza del 10% in più o in meno mentre lo spessore del cornicione dev’essere compreso tra 1 e 2 cm, non deve avere parti bruciate o bolle e deve presentare un’uniforme colorazione dorata.
Per quanto riguarda la composizione del condimento, il colore dominante dev’essere sempre il rosso, in cui l’olio non deve mai essere visibile ma dev’essere perfettamente amalgamato col pomodoro. Su questa base, poi, con equilibrio ed eleganza, devono porsi gli altri ingredienti della pizza originale che sono la mozzarella, il basilico e l’aglio, in base alla ricetta: verde e bianco devono creare con il rosso un’armonia di colori piacevole ed esteticamente gradevole.
La consistenza della pizza napoletana UNESCO dev’essere morbida ed elastica, questo permette una facile piega del prodotto finito.
Non sto qui a descrivere nello specifico il metodo di preparazione dell’impasto e le specifiche merceologiche degli ingredienti che sono alla base di una vera pizza napoletana, che nell’evidenza delle cose può essere definita come tale solo se prodotta nel territorio campano da maestri pizzaioli campani, oppure da pizzaioli campani che hanno aperto un’attività in altre zone ma che utilizzano per la realizzazione la tecnica tradizionale e i prodotti della loro terra.
Attenzione, però: questo non significa che tutte le altre pizze siano di scarsa qualità, perché sono tantissime le pizze d’eccellenza che si possono mangiare nel nostro Paese che non si possono fregiare del riconoscimento UNESCO per una preparazione alternativa o per un utilizzo di ingredienti diverso.
Anche la mia storia professionale nasce dal metodo classico ma, col tempo, ho sviluppato una mia particolare tecnica, ho studiato e approfondito alcuni aspetti che da un certo punto di vista mi hanno portato ad allontanarmi dalla tradizione napoletana, per esempio per le farine utilizzate per i miei impasti, ma posso certamente dirmi soddisfatto del lavoro che ogni giorno compio nel mio laboratorio del gusto.