Non ho mai seguito le mode, non amo tutto ciò che è passeggero ed effimero, tanto meno quando si tratta di cibo. Mi piace, però, informarmi, provare e sperimentare ciò che le mode propongono e capire se al di là dell’effetto tendenza c’è anche dell’altro. Questo è quello che ho fatto nel lontano 2015, quando si parlava tantissimo (qui un articolo del prestigioso Independent inglese) del carbone come ingrediente speciale per tantissimi alimenti: dai cocktail ai burger buns (i panini per hambuerger) fino alla delicata pasticceria francese d’élite. Quindi, perché non provare a realizzare anche un impasto per pizza al carbone? Studiai tantissimo, spinto anche da numerosissimi articoli in cui si decantavano le proprietà benefiche di questo ingrediente, quindi mi misi all’opera per realizzare l’impasto nero, esteticamente accattivante, soprattutto grazie ai contrasti cromatici tipici dei condimenti della nostra tradizione della pizza come il pomodoro, la mozzarella e il basilico. Sono stato uno dei primi a portare in Italia l’impasto per pizze al piatto al carbone vegetale. Ho trascorso lunghi mesi di studio e di sperimentazione per capire quale dovesse essere il giusto mix di ingredienti, e le relative proporzioni, per non alterare il sapore dell’impasto e mantenere, quindi, la fragranza e il gusto che da sempre contraddistingue il mio prodotto.
Le proprietà del carbone vegetale sembravano essere sorprendenti, tanto che negli ultimi anni, più per moda che per un senso di genuinità, tantissimi panettieri e pizzerie hanno introdotto gli impasti al carbone tra le loro proposte. Numerosi sono stati gli studi statistici in merito che hanno confermato la tendenza, tanto che alla fine del 2015 le pizzerie che proponevano questo impasto erano circa l’80%. La clientela era entusiasta di questo nuovo prodotto, anche grazie ai messaggi salutistici che venivano divulgati per mezzo stampa e web sui benefici del prodotto
Le presunte proprietà benefiche del carbone vegetale non lasciarono indifferenti nemmeno l’ambito medico, dove erano numerosi i professionisti che consigliavano ai loro pazienti il consumo del famoso “pane nero” per contrastare la scarsa digeribilità dei prodotti lievitati, perché avrebbe un’azione assorbente e anti-fermentativa.
Ho sperimentato questo impasto per qualche mese ma poi, nonostante le mie pizze al carbone vegetale venissero accolte sempre con entusiasmo, ho deciso di interrompere gli studi perché, durante le mie sessioni di ricerca, non rilevavo tutti i benefici che con grande enfasi venivano decantati. Ho sempre preferito dare giudizi basandomi sulle mie esperienze personali ed è per questo motivo che ho intrapreso questi studi ma quando ho capito che, negli effetti, l’utilizzo del carbone vegetale non influenzava in maniera significativa sulla qualità delle mie pizze, ho deciso che la sperimentazione poteva dirsi conclusa con esito negativo.
Nel 2016, quando io avevo già sospeso l’utilizzo di questo ingrediente nei miei impasti, in Italia si montò una polemica in merito che, in qualche modo, confermava le mie intuizioni e le mie scoperte sull’utilizzo del carbone vegetale come additivo per gli impasti. Nonostante quello che si dice in giro, il carbone attivo come colorante non è vietato in assoluto dalla legge perché dannoso, dato che uno studio dell’Efsa (European Food Safety Authority) ha stabilito che questo è un colorante privo di rischi per la salute, che pertanto può essere assunto ma nelle dosi consigliate.
L’unica restrizione viene posta dalla legge italiana sull’utilizzo del carbone vegetale come colorante per la realizzazione dei prodotti da forno, come specificato in una nota diffusa dal Governo nel gennaio di quello stesso anno.
Per cercare di mettere un po’ di chiarezza in un contesto in cui si susseguivano le informazioni contrastanti sul suo utilizzo e sui suoi limiti, sui benefici e sulle controindicazioni, le autorità governative hanno definito in maniera netta la loro posizione in merito all’utilizzo del carbone vegetale nei prodotti da forno, stabilendo che:
⁃ l’utilizzo del carbone vegetale nella panetteria fine è ammissibile in aggiunta agli ingredienti di base, purché entro la misura massima stabilita dal regolamento europeo della materia (Reg. CE 1333/08 All. II Parte E);
⁃ non è consentito l’utilizzo della denominazione “pane” o “pizza” per i prodotti da forno che prevedono l’addizione del carbone vegetale come additivo, così come non è ammesso utilizzare i benefici del suddetto additivo come claim nelle etichette, perché il carbone attivo in questo contesto viene utilizzato solamente come colorante.
L’informativa completa del Governo è reperibile in questa pagina.
Per quanto riguarda il mio lavoro, al netto della sperimentazione effettuata nell’estate del 2015, non ritengo opportuno utilizzare il carbone vegetale nei miei impasti perché il mio obiettivo non è quello di realizzare pizze esteticamente piacevoli ma di migliorare la qualità del mio lavoro. Una volta acclarato personalmente che l’utilizzo del carbone vegetale nei miei impasti non costituiva un plus per il mio lavoro, non ho ritenuto opportuno e conveniente continuare su questa strada, preferendo di dirottare tutte le mie energie verso altre sperimentazioni.
Oggi, nel mio laboratorio Freesco Gusto continuo con il mio lavoro di ricerca e di sviluppo di nuovi impasti utilizzando farine provenienti da diverse tipologie di cereali, salutari e provenienti da agricolture certificate.
Ho scoperto, per esempio, che per creare un impasto di colore scuro non è necessario ricorrere al carbone vegetale, perché esistono delle alternative che oltre ad essere esteticamente piacevoli possono apportare benefici concreti al mio impasto dal punto di vista della genuinità. Nella mia officina dell’impasto, per esempio, da qualche tempo utilizzo la farina di riso Venere, che conferisce all’impasto un’intensa colorazione bruna molto elegante ma sono soprattutto i benefici di questo cereale a spingermi nella sperimentazione. Infatti, il riso nero è considerato un super alimento perché contiene alti valori di vitamine idrosolubili, sali minerali e fibre, oltre agli antociani e agli antiossidanti, importantissimi per la lotta contro i radicali liberi. Preferisco lavorare con una farina di questo tipo piuttosto che con il carbone vegetale, che resta comunque sempre un additivo che va aggiunto all’impasto degli ingredienti base, modificandone di fatto la composizione.
Il mio lavoro è fatto anche, e soprattutto, di sperimentazione e continuerò a provare nuove soluzioni per i miei impasti, valutando volta per volta quali sono quelle meritevoli di essere approfondite e quali sono, invece, quelle che non meritano ulteriore impegno da parte mia, nel pieno rispetto di quelli che sono i miei capisaldi nello svolgimento di questo mestiere: la genuinità e la qualità del prodotto finale.